Un presepe napoletano
Lontano il suono di una ciaramella;
è tempo di Natale per le strade;
l’umido grigio, che tutta l’aria invade,
vela una chiesa ch’appare molto bella.
E’ in via Toledo, verso piazza Dante;
portone antico con i legni stinti,
alle pareti messi dei dipinti;
entrata da una porta cigolante.
Qualche lumino è il poco che discerni:
il buio barocco la pervade tutta;
l’acquasantiera appare troppo asciutta,
non porta l’acqua da parecchi inverni.
Solo una scena, posta giù nel fondo,
anima la vita antica dell’ambiente,
una presenza mistica si sente:
appare là un presepe nel profondo.
Quel che si ammira sembra macilento;
il tempo stinge tutti gli splendori:
nobili, schiavi neri e pescatori,
vestiti tutti stile settecento;
giovani, vecchi, mamme con bimbette,
un’orchestra di turchi con turbante
suona seriosa musica mancante;
storpi, sdentati e donne rotondette.
Questa folla silente è impegnata
nei suoi mestieri pieni di fatica,
ma c’è sempre qualcuno, (che si dica!)
in prima linea a farsi un’abbuffata.
Con tre cavalli, confusi fra la gente,
portando mirra con l’incenso e l’oro,
i tre Re Magi con in testa il Moro,
seguono in cielo la stella fulgente.
Verso la Santa Grotta, dissepolto,
è messo alto un rudere cadente,
con le colonne tipiche d’oriente;
la Vergine Maria dolce in volto,
e san Giuseppe, il viso verecondo,
guardano il Bambinello con amore:
dentro la paglia chi Gli dà calore?
l’asino e il bue posti nello sfondo.
Angeli in cielo messi tutti a schiera,
cantano: “Gloria in Excelsis Deo”;
inerpicati verso l’apogeo,
rompono il buio della notte nera.
Quando ad un tratto il sogno di bontà
tutto rivive: le luci ed il sonoro:
si sente di Angioletti un dolce coro:
“Sia pace agli uomini di buona volontà”.
E’ accaduto tutto in un momento
che quella Santa Notte ha preso vita,
l’anima s’è sentita allor rapita
ad ammirar da presso quel contento…
Dura un istante la visione bella;
poi torna il buio che la chiesa invade,
l’umido grigio è ancora nelle strade…
lontano il suono di una ciaramella.
Italo Rappazzo
è tempo di Natale per le strade;
l’umido grigio, che tutta l’aria invade,
vela una chiesa ch’appare molto bella.
E’ in via Toledo, verso piazza Dante;
portone antico con i legni stinti,
alle pareti messi dei dipinti;
entrata da una porta cigolante.
Qualche lumino è il poco che discerni:
il buio barocco la pervade tutta;
l’acquasantiera appare troppo asciutta,
non porta l’acqua da parecchi inverni.
Solo una scena, posta giù nel fondo,
anima la vita antica dell’ambiente,
una presenza mistica si sente:
appare là un presepe nel profondo.
Quel che si ammira sembra macilento;
il tempo stinge tutti gli splendori:
nobili, schiavi neri e pescatori,
vestiti tutti stile settecento;
giovani, vecchi, mamme con bimbette,
un’orchestra di turchi con turbante
suona seriosa musica mancante;
storpi, sdentati e donne rotondette.
Questa folla silente è impegnata
nei suoi mestieri pieni di fatica,
ma c’è sempre qualcuno, (che si dica!)
in prima linea a farsi un’abbuffata.
Con tre cavalli, confusi fra la gente,
portando mirra con l’incenso e l’oro,
i tre Re Magi con in testa il Moro,
seguono in cielo la stella fulgente.
Verso la Santa Grotta, dissepolto,
è messo alto un rudere cadente,
con le colonne tipiche d’oriente;
la Vergine Maria dolce in volto,
e san Giuseppe, il viso verecondo,
guardano il Bambinello con amore:
dentro la paglia chi Gli dà calore?
l’asino e il bue posti nello sfondo.
Angeli in cielo messi tutti a schiera,
cantano: “Gloria in Excelsis Deo”;
inerpicati verso l’apogeo,
rompono il buio della notte nera.
Quando ad un tratto il sogno di bontà
tutto rivive: le luci ed il sonoro:
si sente di Angioletti un dolce coro:
“Sia pace agli uomini di buona volontà”.
E’ accaduto tutto in un momento
che quella Santa Notte ha preso vita,
l’anima s’è sentita allor rapita
ad ammirar da presso quel contento…
Dura un istante la visione bella;
poi torna il buio che la chiesa invade,
l’umido grigio è ancora nelle strade…
lontano il suono di una ciaramella.
Italo Rappazzo