Cicireddu
(Messina, primi anni del '900)
Il porto di Messina anticamente
era un confuso muovere di gente,
che giù dai bastimenti e sulle navi
carriavano 'saccuni' e pesi gravi.
Solo quando veniva 'u menzujornu,'
ogni cristiano si levava 'i tornu',
e scumparia da circolazione:
ciascuno a consumar qualche boccone.
Solo mio padre, Giovannino allora,
trovava il modo per passarsi l'ora,
e con gli amici gli piacea giocare
e a casa non tornava per mangiare.
Un giorno con un certo Cicireddu,
compagno di avventure, figghiuleddu,
dal molo si sporgeva verso il mare
con filo d'erba a cappio per pescare.
Un bel momento il nostro Giovannino
agganciò un granchio, lo tirò vicino,
ma quello, ch'era di grossa dimensione,
tirò mio padre giù con gran strattone.
D'un tratto l'equilibrio gli mancò,
Giovanni in acqua tutto sprofondò.
Cicirello non vide più dove era andato,
non chiese aiuto e corse a perdifiato.
Il poverino col mar che l'accupava,
vide che il granchio vicino gli danzava;
a questo punto che successe il bello,
acchiappò il granchio, lo mise nel cappello.
Mentre annaspava in quella confusione,
lassù a Qualcuno suscitò attenzione:
così lui vide una corda che pendeva
gli si aggrappò e lei lo sosteneva.
Si tirò su, e fuor dal mare uscì,
sotto il cappello il granchio si impazzì.
Tornato a casa, il vestito inzuppato,
fu dalla madre quasi malmenato:
un bel malanno gli potea venire:
all'alba, all'indoman dovea partire,
lasciando il granchio, amici e Cicirello,
con nave per raggiungere il fratello.
Alla partenza c'era poca gente:
La mamma, il padre e poi qualche parente.
Nessuno poi sapea ch'era partito,
e Cicirello, che lo credea smarrito,
ciancia sempre quando guardava il porto,
pensava che nel mare fosse morto.
Si recava ogni giorno su quel molo
Dicia: "Picchì tu mi lassasti tuttu sulu?"
Nel cuore il rimorso gli era entrato,
e per il gran dolor s'era ammalato.
La storia fu da tutti risaputa,
quando la mamma l'ebbe conosciuta,
andò di corsa dal buon Cicirello:
"Giovanni é vivo e sta con suo fratello".
Passò il malanno e ridiventò sano;
tornò sul molo, per guardar lontano.
Italo Rappazzo
era un confuso muovere di gente,
che giù dai bastimenti e sulle navi
carriavano 'saccuni' e pesi gravi.
Solo quando veniva 'u menzujornu,'
ogni cristiano si levava 'i tornu',
e scumparia da circolazione:
ciascuno a consumar qualche boccone.
Solo mio padre, Giovannino allora,
trovava il modo per passarsi l'ora,
e con gli amici gli piacea giocare
e a casa non tornava per mangiare.
Un giorno con un certo Cicireddu,
compagno di avventure, figghiuleddu,
dal molo si sporgeva verso il mare
con filo d'erba a cappio per pescare.
Un bel momento il nostro Giovannino
agganciò un granchio, lo tirò vicino,
ma quello, ch'era di grossa dimensione,
tirò mio padre giù con gran strattone.
D'un tratto l'equilibrio gli mancò,
Giovanni in acqua tutto sprofondò.
Cicirello non vide più dove era andato,
non chiese aiuto e corse a perdifiato.
Il poverino col mar che l'accupava,
vide che il granchio vicino gli danzava;
a questo punto che successe il bello,
acchiappò il granchio, lo mise nel cappello.
Mentre annaspava in quella confusione,
lassù a Qualcuno suscitò attenzione:
così lui vide una corda che pendeva
gli si aggrappò e lei lo sosteneva.
Si tirò su, e fuor dal mare uscì,
sotto il cappello il granchio si impazzì.
Tornato a casa, il vestito inzuppato,
fu dalla madre quasi malmenato:
un bel malanno gli potea venire:
all'alba, all'indoman dovea partire,
lasciando il granchio, amici e Cicirello,
con nave per raggiungere il fratello.
Alla partenza c'era poca gente:
La mamma, il padre e poi qualche parente.
Nessuno poi sapea ch'era partito,
e Cicirello, che lo credea smarrito,
ciancia sempre quando guardava il porto,
pensava che nel mare fosse morto.
Si recava ogni giorno su quel molo
Dicia: "Picchì tu mi lassasti tuttu sulu?"
Nel cuore il rimorso gli era entrato,
e per il gran dolor s'era ammalato.
La storia fu da tutti risaputa,
quando la mamma l'ebbe conosciuta,
andò di corsa dal buon Cicirello:
"Giovanni é vivo e sta con suo fratello".
Passò il malanno e ridiventò sano;
tornò sul molo, per guardar lontano.
Italo Rappazzo